sul linguaggio
Il campo specifico della nostra ricerca è quello della voce: può sembrare paradossale che si parli di voce in un “luogo silente” come quello del BLOG, il che ci spinge ad alcune considerazioni sul “comunicare” tra esseri umani.
Se spostassi le lancette della macchina del tempo a 200.000 anni fa, mi troverei accanto ad esseri legati tra loro da rapporti strettissimi, emotivi. Comunicherei con pochi simili, una banda di 12-20 persone, un “corpo unico”, in cui ciò che accade all’altro accade anche a me. In quell’era si comunicava con il suono della voce, nelle sue mille sfumature possibili.
Poi i gruppi si allargarono a tribù di oltre cento persone: i “suoni emotivi” non sono più sufficienti, si ha bisogno di scambiare informazioni anche con chi non fa parte della stretta cerchia di chi si ama. Questa è l’epoca in cui sorge il linguaggio, primi passi di una categorizzazione del mondo che riduce la sua enorme complessità ad una scala gestibile.
Inizia così un lungo cammino che porterà alla verbalizzazione e poi alla scrittura, quest’ultima in grado di comunicare attraverso codici grafico-simbolici recanti in sé informazione, prescindendo dalla contemporanea presenza fisica di chi la produce e di chi la fruisce.
Il linguaggio scritto ha portato dunque all’estremo, ciò che era stato avviato dal linguaggio parlato: la capacità funzionale di costruire un “analogo” del mondo reale, consentendoci di abbreviare molti processi e pervenire a decisioni più soddisfacenti. Tutto questo sembra però avere un prezzo: quello di un progressivo allontanamento dalla sostanza naturale delle cose.
L’homo sapiens non rifletteva sul da farsi, capiva agendo, in un autentico rapporto con l’ambiente. Lo sviluppo del linguaggio umano, facilitando la comunicazione attraverso una sorta di compressione cognitiva della realtà, ha invece notevolmente ridotto il potenziale emotivo investito nella comunicazione.
Questo potenziale rimane oggi a disposizione di pochi: cantati, attori, individualità “sovversive”, che per talento innato a volte riescono a rievocare quel mondo di autentica relazione.
Nelle “prossime puntate” il Blog di Fatefaville, attraverso il potente ed ambiguo strumento di cui dispone (la scrittura!), tenterà di creare un luogo di scambio su ciò che ruota attorno all’argomento “voce”.
Fateci sapere…
Se spostassi le lancette della macchina del tempo a 200.000 anni fa, mi troverei accanto ad esseri legati tra loro da rapporti strettissimi, emotivi. Comunicherei con pochi simili, una banda di 12-20 persone, un “corpo unico”, in cui ciò che accade all’altro accade anche a me. In quell’era si comunicava con il suono della voce, nelle sue mille sfumature possibili.
Poi i gruppi si allargarono a tribù di oltre cento persone: i “suoni emotivi” non sono più sufficienti, si ha bisogno di scambiare informazioni anche con chi non fa parte della stretta cerchia di chi si ama. Questa è l’epoca in cui sorge il linguaggio, primi passi di una categorizzazione del mondo che riduce la sua enorme complessità ad una scala gestibile.
Inizia così un lungo cammino che porterà alla verbalizzazione e poi alla scrittura, quest’ultima in grado di comunicare attraverso codici grafico-simbolici recanti in sé informazione, prescindendo dalla contemporanea presenza fisica di chi la produce e di chi la fruisce.
Il linguaggio scritto ha portato dunque all’estremo, ciò che era stato avviato dal linguaggio parlato: la capacità funzionale di costruire un “analogo” del mondo reale, consentendoci di abbreviare molti processi e pervenire a decisioni più soddisfacenti. Tutto questo sembra però avere un prezzo: quello di un progressivo allontanamento dalla sostanza naturale delle cose.
L’homo sapiens non rifletteva sul da farsi, capiva agendo, in un autentico rapporto con l’ambiente. Lo sviluppo del linguaggio umano, facilitando la comunicazione attraverso una sorta di compressione cognitiva della realtà, ha invece notevolmente ridotto il potenziale emotivo investito nella comunicazione.
Questo potenziale rimane oggi a disposizione di pochi: cantati, attori, individualità “sovversive”, che per talento innato a volte riescono a rievocare quel mondo di autentica relazione.
Nelle “prossime puntate” il Blog di Fatefaville, attraverso il potente ed ambiguo strumento di cui dispone (la scrittura!), tenterà di creare un luogo di scambio su ciò che ruota attorno all’argomento “voce”.
Fateci sapere…
7 Commenti:
IMPOSSIBILE NON PENSARCI. NON MI SONO ISCRITTA AL CORSO PERCHE' VOGLIO DIVENTARE UNA CANTANTE... NON MI INTERESSA SAPERE CHE COSA SARO' DOMANI, MI INCURIOSISCE QUELLO CHE SONO ORA, LA PIENA CONSAPEVOLEZZA DELLE MIE POSSIBILITA'. FORSE PRETENDO TROPPO, MA NON E' UN PROBLEMA MIO. IN UN CERTO SENSO VORREI SAPERE QUANTO VIVO E SE STO OTTIMIZZANDO L'INTENSITA' DEL MIO VIVERE O SE NE SPRECO GRAN PARTE. IN REALTA' SO GIA' CHE NE STO SPRECANDO GRAN PARTE. LO SENTO. VORREI CHE NON FOSSE COSI'. NON CREDO CHE POTRO' MAI ESSERE PIENAMENTE CONSAPEVOLE DI QUANTO VIVO, VORREI SOLO FARE IL POSSIBILE PER VIVERE DI PIU'. PERCHE' HO SOLO QUESTO. E' TUTTO, NON E' POCO. ED E' PER QUESTO CHE NON POSSO PERMETTERMI DI SPRECARLO. INSOMMA... ANCHE NELLA VOCE VORREI TROVARE QUESTO. VORREI TROVARLO IN TUTTO QUELLO CHE IL MIO CORPO E LA MIA MENTE POSSONO FARE. NON POSSO FARE TUTTO. DEVO SCEGLIERE. SCELGO FRA QUELLO CHE MI SI PRESENTA E CHE LA MIA ATTENZIONE RIESCE A CAPTARE. SCELGO FRA QUELLO CHE MI CHIAMA. MA SO GIA' CHE LA MIA ATTENZIONE NON RIESCE A CAPTARE TUTTO. UN PO' MI DISPIACE, MA POI PENSO ANCHE CHE NON POSSO ESSERE TUTTO. O FORSE SI? DEVO PENSARCI. CHE NE DITE, UNA CHE PENSA COSI', CE LA FA A CANTARE? O E' MEGLIO CHE VADA A FARSI UNA SETTIMANA ALLE TERME DI MERANO? MAH....
Caro Anononymous,
una settimama alle terme di Merano è sempre una buona idea, niente affatto in contrasto col cantare (anzi!!!). In ogni modo, dice Krishnamurti "l'attenzione non è qualcosa di simile alla concentrazione. La concentrazione è esclusione, l'attenzione è invece totale consapevolezza. Guardare tutto, ascoltare tutto, ogni volta nella sua mutevolezza. Un simile stato di attenzione è energia. In una simile consapevolezza la totalità di quello che facciamo, di quello che siamo, è rivelata in un istante."
...SINCERAMENTE MI VIENE MOLTO PIU' FACILE ESSERE ATTENTA CHE CONCENTRATA; C'E'UNA COMPONENTE NELL'ATTENZIONE CHE SI RIFA' ALLA CURIOSITA'. LA CURIOSITA' E' UNA SENSAZIONE CHE ABBRACCIA TUTTO, E' COME UN'ODORE CHE TI PERVADE, PUOI ANCHE TAPPARTI IL NASO, MA ORMAI CE L'HAI NELLA TESTA, NEL PENSIERO, NON TE NE LIBERI PIU'. e' COME LA CANNELLA... E CHI SE LA SCORDA PIU' LA CANNELLA?! (VEDI LEZIONE SULLA PERCEZIONE DEGLI ODORI) E NON C'E' MOTIVO PER LIBERARTENE, E' UNA COSA IN PIU', TI RENDE PIU' "RICCA", TI SENTI PIU' STRUDEL E QUINDI MELA E MELO E TERRA E UVA ECC... LA CONCENTRAZIONE INVECE MI SA TANTO DI QUALCHE COSA DI IMPOSTO, CHE NON FLUISCE, MA CHE SPINGE, CHE FA FORZA. MI SENTO STANCA AL SOLO PENSARCI. FORSE PERCHE' LA QUOTIDIANITA' NE RICHIEDE FIN TROPPA. PREFERISCO CIO' CHE FLUISCE, PREFERISCO INTUIRE LA FORZA PIUTTOSTO CHE SBATTERCI CONTRO... E' MENO DOLOROSO E FORSE MI PORTA MOLTO PIU' LONTANO. SUPPONGO SI TRATTI DI QUESTO, O GIU' DI LI', QUANDO SI CANTA TROPPO CONCENTRATI E FORZANDO LA VOCE. INSOMMA: A ME STO KRISHNAMURTI MI SEMBRA UNO CHE SA IL FATTO SUO. NON CREDO SI SIA LAUREATO ALLA BOCCONI. NON CHE ABBIA NULLA CONTRO I LAUREATI ALLA BOCCONI, OVVIO. SOLO CON QUELLI CHE CONOSCO, MA MAI GENERALIZZARE! SCUSATE, DEVO ANDARE... HO IL TRENO PER MERANO CHE PARTE FRA POCO.
... CAMMINO PER STRADA E MENTRE CERCO DI ABBRACCIARE CON LO SGUARDO CIO' CHE MI TROVO DI FRONTE, SOPRA SOTTO E LATERALMENTE AL MIO CAMPO VISIVO, CERCO DI AVVERTIRE LA MIA MANO DESTRA APPOGGIATA ALLA BORSA E L'ARIA CHE SFIORA LA MIA MANO SINISTRA. VEDO LA GENTE, MA NON LA GUARDO, MI PASSA ACCANTO; NE SENTO GLI ODORI, I PROFUMI ECCESSIVI E L'ARIA CHE SI MESCOLA A TUTTO QUESTO E CHE ASSUME A SUA VOLTA UN'ODORE SUO. MI FERMO E ASCOLTO L'INSIEME DELLE VOCI E DEI RUMORI. CERCO DI NON CONCENTRARMI SU NULLA, LASCIO CHE TUTTO MI PORTI CON SE', RIMANENDO SEMPRE PRESENTE E CONSAPEVOLE. ENTRO IN UN BAR E DI NUOVO TUTTO CAMBIA, LE LUCI SI FANNO PIU' TENUI, SOFFUSE, LE VOCI RIEMPIONO L'ARIA, I RUMORI SONO PIU' SECCHI, DIRETTI, LA TEMPERATURA E' PIU' GRADEVOLE, MENO INVADENTE. MI SIEDO E MI ASCOLTO; CAMBIATO L'AMBIENTE, ANCH'IO SONO CAMBIATA. LE MANI PIU' CALDE, I VESTITI SONO PIU' PESANTI, IL RESPIRO PIU' TRANQUILLO... ECCO COSA SUCCEDE A UNA PERSONA CHE FINO A IERI SE NE STAVA TRANQUILLAMENTE A VEGETARE E LAMENTARSI SUL PESO DATO DALLA QUOTIDIANITA'QUANDO COMINCIA A FARE UN CORSO DI CANTO!!! MA SI PUO'?!!!
Accorgersi che qualcosa sta cambiando, e in meglio, è una rivoluzione. Una buona cosa. Il secondo passo potrebbe essere quello di non verbalizzare questo nuovo mondo, per non delimitarne i confini. E' come innamorarsi di Tarzan e poi chiedergli di mettersi le ciabatte. La verbalizzazione è una domesticazione della sensazione, è mettere le briglie al puledro selvaggio. Dài modo alle nuove sensazioni, che ora insorgono, di fluttuare liberamente nel tuo paesaggio interiore come un geloso segreto.
SE SI VERBALIZZA E' PERCHE' IL CAMBIAMENTO POTREBBE RISULTARE PIU' RASSICURANTE SE CONDIVISO. SEPPURE SI SENTE CHE E' POSITIVO E' PUR SEMPRE UNA COSA NUOVA E LE COSE SCONOSCIUTE POSSONO ANCHE SPAVENTARE...
La sensazione che le possibilità, le mie possibilità di realizzazione sono infinite potrebbero anche essere un'utopia, ma non è importante. E'importante come io le percepisco. Quante volte è stato reso possibile ciò che l'uomo per secoli ha ritenuto essere fantascientifico? Lo stesso vale per la realizzazione di ciascuno. Porsi limiti inesistenti è come avere paura di gettarsi da un burrone pur avendo le ali. Prima devo rendermi conto di avere le ali, devo arrivare ad essere consapevole delle mie possibilità. Gli uccelli fanno questo istintivamente, appena la natura li rende pronti. Provano a volare. E poi volano. Mi guardo in giro e mi accorgo di essere come molti. Mi accorgo di quante risorse inutilizzate ho a disposizione. Mi vedo occupare parte del mio tempo secondo regole imposte, secondo ritmi che non mi appartengono, secondo ideali che non sento. E mi vedo mentre mi dispero per questo tempo sprecato. In silenzio. L'unica voce è questa: scrivere. Mi vedo costretta, eppure chi mi costringe sono solo io. Le costrizioni esterne sono la vera illusione. E ne sono consapevole, ma spesso comunque mi comporto come se fossi impotente. E' come se continuassi a curare una parte di me che però non posso sfruttare. E' un peccato, un vero peccato, lo so. Sarebbe un dovere, una questione di riconoscenza nei confronti del tutto, anche di me stessa quindi. Nei confronti di ciò che queste risorse le ha messe a disposizione. E non utilizzando queste risorse, non posso conoscerle fino in fondo. E' come se avessi le ali e mi limitassi a dispiegarle, lisciarle, assaporando l'illusione del primo volo. E quel primo volo, ogni volta, viene rimandato. E' come se volassi solo in sogno sapendo che potrei farlo realmente. Basterebbero le conoscenze necessarie, la giusta preparazione e... ed il coraggio di cambiare, di buttarmi dal burrone. Non è strano che io non l'abbia ancora fatto. So di non essere pronta... e so che la preparazione è importante. So che ci vuole tempo, forse più tempo di quanto io ne abbia a disposizione. Vivo preparandomi. Questa è la fonte della mia serenità: la certezza che questa strada è quella giusta. Ho solo il dubbio che troppo spesso mi faccio distrarre dall'inutile... questo mondo non è un contesto facile da gestire, ma si può fare suppongo.
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